lunedì 12 novembre 2012

La grandezza degli All Blacks




Ho sempre sostenuto che gli All Blacks fossero sopravvalutati.
Che fossero diventati, nei tempi recenti, più un fenomeno mediatico che una vera potenza del rugby, nonostante le loro vittorie, i 17 risultati utili consecutivi, il fatto che nell’emisfero sud nessuno, almeno in questo anno dalla coppa del mondo sollevata ad Auckland ad oggi, riuscisse a tenere loro testa, per non parlare dell’emisfero nord, con le nostre “Home Nations” impegnate in un difficile ricambio generazionale.
Che la Haka, pur espressione di una cultura, di per sè un mito, fosse diventata una sorta di spettacolo ad uso e consumo delle tv, dal momento che anche chi non sa nulla di rugby ha sentito parlare, almeno una volta, degli All Blacks e della loro “danza”.
E che le loro vittorie, oltre che dovute a merito loro, fossero da attribuire in parte anche alla “deferenza” con cui gli avversari approcciavano le partite.
Bene, mi sbagliavo.
Oddio, non proprio su tutto, ma mi sbagliavo su un fatto: sottovalutavo la grandezza degli All Blacks.
Che non sta nel vincere le partite e i trofei. Quelli, sono una naturale conseguenza.
La grandezza degli All Blacks la capisci se ti piace il rugby, hai visto qualche partita e, soprattutto, li vedi una volta dal vivo.
Mi è capitata ieri, domenica 11 novembre 2012, questa fortuna.
Al “Murrayfield” di Edimburgo la Scozia ospita la Nuova Zelanda nella prima gara dei Test Match autunnali. Sono presente, tra i 67144 che gremiscono lo stadio. Sold out.
Rieccoci, mi dico. Stadio pieno solo perchè ci sono Loro.
Ecco l’ingresso in campo delle squadre. Ecco la Haka.
Poi, d’improvviso, comincia la partita.
Dopo dieci minuti, forse meno, ho già cambiato idea.
La Scozia gioca, a mio parere, una grande partita. Tiene bene nei punti d’incontro, assesta anche la mischia ordinata, non commette particolari sciocchezze e si mantiene concentrata anche dal punto di vista disciplinare.
Gli All Blacks, semplicemente, giocano a rugby. Sono nati per giocare a rugby. 
Gli All Blacks giocano con una facilità tale che sembrano, davvero, espressione degli dei del rugby sulla terra. Vengono da un altro emisfero, ma davvero sembrano venire da un altro pianeta. Sbagliano, regalano anche una meta, ma quando sono in possesso dell’ovale, sono espressione della poesia del rugby. Offloads, giocate al largo, attacco furibondo nei punti d’incontro per poi sviluppare l’azione sulle ali, con passaggi a saltare l’uomo, a cercare qualcosa che sembra difficile ma solo a me, solo a noi. Con quell’ovale che non cade mai, mai, nemmeno quando i passaggi non sono perfetti. 
Quello che io penso sarebbe giusto fare, loro semplicemente lo fanno.
Con una naturalezza disarmante.
Ecco la grandezza degli All Blacks. 
E se, per far sì che tutto questo continui, bisogna accettare che la loro maglia nera venga “sporcata” da un minuscolo sponsor, oppure che anche i più “dummies” del rugby indossino le loro maglie, ebbene, da ieri sono disposto ad accettarlo.
Purchè abbia ancora una volta, nella mia vita, la fortuna di vederli giocare.




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